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ARGOMENTI DI MEDICINA CLINICA

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 Ultimo aggiornamento: 23.12.2006

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LE MALATTIE DEL PERICARDIO

   

FUNZIONI DEL PERICARDIO

 

Il pericardio, formato da un rivestimento esterno di tessuto fibroso (pericardio parietale) ed uno interno membranoso (pericardio viscerale), contribuisce alla regolazione della funzione cardiaca, ma l'agenesia congenita o la rimozione chirurgica non comportano conseguenze negative. Le cavità del cuore destro che hanno pareti sottili, sono più soggette all'influenza pericardica di quelle sinistre, che hanno invece pareti più spesse. Le interazioni tra le camere cardiache, specialmente durante la diastole ma anche in sistole, sono più pronunciate quando il pericardio è intatto.

Il pericardio esercita un potente effetto di contenimento sul volume del cuore nelle situazioni di sovraccarico di volume e specialmente in quelle che coinvolgono le quattro camere cardiache, ma la sua funzione, in condizioni normali e nell'ingrandimento cronico del cuore non è stata ancora del tutto chiarita.

La bassa pressione del liquido pericardico induce a ritenere che l'influenza pericardica sul cuore in circostanze normali sia modesta. La pressione di superficie pericardica (misurata con un pallone intrapericardico) indica invece che l'effetto di costrizione pericardica può essere importante nello scompenso cardiaco cronico in cui la pressione atriale destra può uguagliare la pressione intrapericardica. Tuttavia i pochi tentativi di trattare lo scompenso cardiaco congestivo con la pericardiectomia hanno dato risultati insoddisfacenti.

La pressione pericardica è fortemente influenzata da quella intratoracica; le pressioni negative pericardiche aumentano il riempimento atriale durante la sistole ventricolare.

 

 

MALATTIE DEL PERICARDIO

 

Il pericardio si altera nella pericardite costrittiva cronica, in presenza di versamento pericardico, nel tamponamento cardiaco, nella sindrome post-pericardiotomica o post-infartuale.

La pericardite acuta consiste in un processo patologico di natura flogistica che interessa uno o entrambi i foglietti pericardici. Tale processo infiammatorio può risultare primitivo (quindi isolato) oppure secondario o concomitante ad altre forme patologiche, per lo più a carico del miocardio e/o dell'endocardio, ma spesso della pleura, dei polmoni o degli altri organi intratoracici. Ne consegue che anche l'eziologia delle pericarditi è assai varia (tab.01x).

Dal punto di vista epidemiologico va rilevato che la prevalenza delle pericarditi è progressivamente aumentata negli ultimi anni, per la maggior frequenza sia delle pandemie virali, sia delle cause iatrogene (interventi chirurgici con pericardiotomia, trattamenti radianti nella regione toracica, terapia emodialitica ecc).

 

 

Pericardite acuta

 

La pericardite acuta, fibrinosa o secca, è una sindrome associata ad un caratteristico dolore toracico, a sfregamenti pericardici e ad alterazioni specifiche nell'elettrocardiogramma. La grande varietà delle cause che determinano l'insorgenza della pericardite acuta è descritta nella tab.01x.

L'infezione virale è spesso presunta piuttosto che dimostrata e pertanto molti casi vengono spesso classificati come idiopatici. Le più comuni infezioni virali che causano la pericardite acuta sono quelle dovute ad echovirus e coxsackievirus.

L'essudato fibrinoso che copre le due superfici del pericardio, viscerale e parietale, di una sottile fibrina giallastra o infiltrato di sangue, conferisce al pericardio un caratteristico aspetto che è stato descritto da Lenneck di tipo "pane e burro". Ai depositi di fibrina si associano in genere le alterazioni dell'infiammazione acuta. Quando l'agente causale è costituito da una infezione piogenica (streptococco, stafilococco, pneumococco, gonococco) l'infiltrato pericardico è spesso purulento.

 

 

FISIOPATOLOGIA E DECORSO

 

La pericardite acuta non provoca alterazioni dinamiche a meno che non si produca un abbondante versamento che è causa di tamponamento cardiaco. Il decorso della pericardite dipende dalla causa che l'ha determinata e la prognosi può essere: sfavorevole quando la pericardite è associata a tumori od a malattie del connettivo o ad uremia oppure favorevole con un decorso benigno, come avviene nella maggior parte dei pazienti con pericardite da virus o con sindrome postpericardiotomica. La pericardite acuta può presentarsi come l'unica localizzazione della malattia oppure essere espressione di una malattia generale spesso associata a lesione dell'endocardio e del miocardio.

 

 

SINTOMATOLOGIA

 

La sintomatologia è molto variabile e può essere completamente silente in quanto il pericardio è insensibile agli stimoli dolorosi. Solo la parte inferiore del pericardio è sensibile al dolore e le fibre sensitive decorrono con i nervi frenici.

Spesso può essere evidente una fase prodromica caratterizzata da febbre e dolori muscolari. Il sintomo caratteristico è rappresentato dal dolore toracico, la natura del quale varia da paziente a paziente e forse anche in relazione alla causa. La maggior parte dei casi di pericardite viene riconosciuta per la presenza di dolore precordiale o di sfregamenti pericardici. Il dolore della pericardite è abitualmente percepito in sede precordiale e non è specificamente retrosternale come quello della cardiopatia ischemica; può essere avvertito anche alla punta della spalla destra o sinistra, fra le scapole o intorno alle spalle. Esso è acuto e spesso influenzato dal respiro o dai movimenti del corpo o dalla deglutione.

Il dolore si accentua se il paziente ruota il tronco o si muove nel letto o giace in decubito supino, mentre si allevia quando il soggetto è in posizione seduta, con il torace reclinato in avanti. Tali variazioni in rapporto alla posizione permettono, in genere, di differenziare il dolore della pericardite da quello della ischemia miocardica (stenocardia); quest'ultimo, infatti, non è influenzato dai movimenti (tab.02x). La durata del dolore è differente: nella pericardite è di ore o giorni, mentre nell'angina è solo di minuti. Infine il dolore pericardico non è provocato dallo sforzo. Ciò nonostante il dolore viene, spesso, interpretato come stenocardico, specie nelle forme di pericardite idiopatica.

Il dolore pericardico è più frequente in alcune forme che in altre. Nella pericardite post-infartuale (epistenocardica) il dolore può mancare, mentre nella sindrome di Dressler, che insorge dopo 10-60 giorni dall'infarto, il dolore si manifesta regolarmente e talora può simulare una recidiva di infarto. Mentre nelle pericardite idiopatica e infettiva il dolore è più frequente ed intenso, nella pericardite uremica molte volte esso non compare. Analogamente, il dolore non si manifesta in molti pazienti con pericardite tubercolare, collagenopatia o neoplasia.

Altri sintomi non specifici sono: la febbre, il malessere generale, il sudore, la tosse, l'emottisi, un dolore pleuritico quando vi è associata una malattia polmonare. Quasi tutti i pazienti lamentano un senso di cardiopalmo. Infatti la pericardite, sia in presenza di versamento cospicuo sia nella forma fibrinosa (secca), si accompagna a tachicardia compensatoria o, rispettivamente, reattiva.

 

 

ESAME FISICO

 

Il segno più importante, patognomonico della pericardite acuta è rappresentato dallo sfregamento pericardico che all'ascolto viene percepito come un rumore superficiale raspante, come di neve schiacciata, di ampia tonalità, che può avere da uno a tre componenti corrispondenti alla sistole atriale, alla sistole ventricolare o al riempimento ventricolare protodiastolico. E' udibile sul margine sternale sinistro e sul mesocardio, specie in posizione genupettorale; varia con gli atti respiratori e si percepisce meglio quando il soggetto rimane con il respiro sospeso ed il diaframma dello stetoscopio viene applicato fermamente sulla cute.

Lo sfregamento pericardico è spesso transitorio: la sua assenza non esclude la diagnosi di pericardite, la sua presenza non esclude la formazione di un abbondante versamento pericardico. Lo sfregamento pericardico trifasico con le componenti in sistole atriale, in sistole ventricolare e in diastole ventricolare è virtualmente diagnostico, tuttavia gli sfregamenti bifasici devono essere distinti dal rumore che va e viene della malattia valvolare aortica e lo sfregamento monofasico è spesso scambiato per un soffio sistolico. Nella diagnosi differenziale si devono prendere in considerazione anche gli artefatti prodotti dai peli del torace sulla membrana dello stetoscopio ed i rumori mediastinici.

 

 

ELETTROCARDIOGRAMMA

 

Le alterazioni elettrocardiografiche determinate dalla pericardite acuta evolvono in quattro stadi. Esse sono rappresentate dalla frequenza cardiaca in genere elevata (tra 90 e 130 batt/min), specie durante la fase acuta, dal ritmo sinusale (non è stata dimostrata una maggiore incidenza di aritmie neppure nella forma epistenocardica), dal sottoslivellamento del tratto PR e dal sopraslivellamento del tratto ST in un numero vario di derivazioni senza alterazioni speculari (fig.01x).

Nella prima fase che si verifica durante le prime ore o dopo tre/quattro giorni dall'inizio dello stadio infiammatorio e dura solo due o tre giorni, si rileva il diffuso sopraslivellamento del tratto ST a carico delle tre derivazioni degli arti e della maggior parte delle derivazioni precordiali (un sottoslivellamento reciproco può essere osservato in V1 e aVR). Il sopraslivellamento di ST raramente raggiunge i 5 millimetri e non si osserva il quadro di tipo monofasico, caratteristico dell'ischemia miocardica acuta. In alcuni casi il segmento J è depresso e l'onda T è positiva.

Nella seconda fase, che dura solo pochi giorni si osserva un ritorno alla normalità del tratto ST e un appiattimento dell'onda T.

Nella terza fase, le onde T diventano negative in tutte le derivazioni od in quelle nelle quali si era modificato il tratto ST. Questa fase può durare settimane e mesi.

Nella quarta fase, tardivamente e non in tutti i casi, si osserva il ripristino della normalità o per lo meno il ritorno dell'elettrocardiogramma all'aspetto di base. Non è sempre possibile riconoscere la successione della quattro fasi, che possono avere un'evoluzione molto rapida. Il sopraslivellamento del tratto ST della pericardite acuta può essere distinto da quello che si osserva nel corso dell'infarto miocardico acuto in quanto non compare l'onda Q di necrosi, il segmento ST non è concavo verso l'alto ed è assente la contemporanea inversione dell'onda T. Il sopraslivellamento acuto di ST nell'angina variante o vasospastica è di breve durata ed è associato con il dolore ischemico anginoso transitorio (fig.02x).

La variante elettrocardiografica della ripolarizzazione precoce è di frequente osservazione nei soggetti giovani, specie di razza nera ed atleti e fra i soggetti ricoverati nelle istituzioni psichiatriche; detta variante può simulare le variazioni della pericardite acuta. In questi soggetti la depressione del segmento PR non è presente ed il quadro elettrocardiografico non evolve nella maniera caratteristica della pericardite.

Le alterazioni elettrocardiografiche della pericardite acuta dipendono dalla infiammazione dell'epicardio. L'epicardio è spesso risparmiato nella pericardite uremica nella quale la deposizione di fibrina può essere molto estesa mentre le alterazioni infiammatorie sono minime. In questi casi i segni elettrocardiografici di pericardite non si manifestano. La comparsa di un blocco di primo grado o di un blocco di branca suggerisce la presenza di una miocardite più estesa.

In assenza di un versamento pericardico o di una grave miocardite, l'ecocardiogramma e la radiografia del torace rimangono normali.

 

 

ALTRI ESAMI DI LABORATORIO

 

La velocità di sedimentazione risulta essere quasi sempre aumentata. E' presente una leucocitosi precoce, dipendente dall'eziologia e può anche essere evidente una linfocitosi. Gli enzimi cardiospecifici sono in genere normali, ma possono essere elevati quando la pericardite è molto estesa. La scintigrafia miocardica con pirofosfato e tallio può essere positiva quando è associata una miocardite.

Nella tab.03x sono descritte le prove di laboratorio utili nell'accertamento diagnostico delle pericarditi acute.

 

 

Pericardite ricorrente

 

Tra le malattie del pericardio una forma che arreca grave disturbo è rappresentata dalla tendenza alle recidive con il quadro clinico della pericardite acuta ricorrente. Tale evenienza può verificarsi con o senza versamento pericardico e talvolta è associata a versamento pleurico o a lesione polmonare parenchimale. Ancora non si conosce la ragione per cui in alcuni casi la pericardite acuta ha una manifestazione singola a rapida risoluzione mentre in altri casi può divenire ricorrente, ma tale fenomeno lascia supporre che, almeno in alcune situazioni, la pericardite acuta sia mantenuta da un processo autoimmune. Le recidive più o meno frequenti possono verificarsi per molti anni, essere spontanee o più spesso associate con la diminuzione o l'interruzione della terapia antinfiammatoria. Quando in associazione compare il versamento pericardico, la pericardite ricorrente può essere causa di tamponamento cardiaco.

 

 

Trattamento della pericardite acuta

 

I miglior risultati si ottengono con la terapia specifica che ovviamente può essere attuata solo quando è possibile identificare la causa della pericardite.

Indipendentemente dalla terapia eziologica specifica, il riposo a letto e la somministrazione di dosi rebratte di antinfiammatori (acido acetilsalicilico 500 mg, oppure indometacina 25-50 mg, tre volte al dì) sono indicati nella maggior parte dei pazienti. Solo raramente è necessario il trattamento con corticosteroidi (prednisone 60 mg al dì per alcuni giorni, da ridurre progressivamente a 40, 20, 10 mg al dì fino alla sospensione dopo 10-15 giorni).

Le ricadute sono in genere gravi e richiedono quindi un trattamento terapeutico a dosi piene; spesso il dolore toracico, la febbre o la dispnea non sono controllati da forti dosi di farmaci antinfiammatori non steroidei e si richiede allora la somministrazione di corticosteroidi. Una volta iniziata la terapia steroidea esiste il pericolo reale di una dipendenza e della comparsa di anormalità indotte dal trattamento stesso. Quando il medico è costretto a somministrare farmaci steroidei deve compiere ogni sforzo per stabilire quali siano le dosi minime che permettono di controllare la pericardite. Nei casi più difficili, le ricadute avvengono ogni volta che il prednisone viene ridotto al di sotto dei 5-10 mg/die. Quando ciò si verifica il paziente deve essere mantenuto per parecchie settimane con le dosi minime sufficienti però ad impedire la ricaduta. Qualche volta i casi resistenti ai farmaci steroidei rispondono alla terapia immunosoppressiva, ma tale trattamento non è desiderabile e quindi dovrebbe essere evitato ed impiegato solo come ultima risorsa. Quando il trattamento con steroidei e forse quello con immunosoppressori falliscono, dopo parecchi anni può essere presa in considerazione la pericardiectomia. Tuttavia occorre tener presente che quest'ultima non elimina la causa delle ricadute e può essere complicata da lesioni pleuriche e da manifestazioni polmonari, che rendono necessaria una terapia medica vigorosa. Pertanto, anche la pericardiectomia costituisce un'alternativa che deve essere presa in considerazione solo dopo che ripetuti tentativi di trattamento medico sono risultati essere chiaramente inefficaci.

 

 

 

Versamento pericardico

 

Complica la maggior parte delle forme di pericardite, può essere anche di modesta entità e non produrre effetti emodinamici. Esistono molte sindromi di versamento pericardico. Ad un estremo vi è il versamento pericardico scoperto casualmente durante una indagine di routine; all'altro, il versamento pericardico può causare un tamponamento cardiaco. Il versamento può essere la principale manifestazione della malattia pericardica o il rilievo incidentale nel corso di una pericardite acuta, o può complicare la pericardite costrittiva. Un versamento pericardico può rimanere silente a condizione che non produca altri segni oltre quelli rilevabili con la radiografia del torace.

 

 

EZIOLOGIA

 

Le cause più comuni del versamento pericardico sono: la pericardite acuta (virale o idiopatica), neoplastica (in genere di origine broncogena, mammaria, linfomatosa), post-irradiazione del torace o posttraumatica. Meno frequente è il versamento pericardico indotto da farmaci o da malattie vascolari del collageno in particolare dall'artrite reumatoide e dal lupus eritematoso. Il versamento pericardico è una componente importante della sindrome post-pericardiotomica ed in molti casi della sindrome di Dressler (tab.01x).

 

 

DIAGNOSI

 

Non vi sono sintomi specifici. Anche i segni clinici quali: la quiete precordiale, una aumentata area di ottusità cardiaca, (ottusità che si estende oltre l'impulso dell'apice) non sono specifici e raramente sono sufficienti per formulare la diagnosi di versamento pericardico. Detti segni possono suscitare il sospetto clinico ma è necessaria la conferma diagnostica dell'ecocardiogramma. Talvolta, il versamento pericardico viene scoperto per caso con una radiografia del torace o una ventricolografia radioisotopica o un ecocardiogramma oppure durante il cateterismo cardiaco.

Si deve sospettare la presenza di un versamento pericardico: nei soggetti con cancro del polmone o della mammella, nei pazienti sottoposti ad emodialisi, in quelli con inspiegabile ingrossamento dell'ombra cardiopericardica, nei soggetti con aumento della pressione venosa non altrimenti spiegabile. Il versamento pericardico inoltre deve essere sempre ricercato nei soggetti che presentano disordini o malattie del pericadio.

 

 

ECOCARDIOGRAMMA

 

L'esame più specifico e sensibile è quello ecocardiografico che dovrebbe essere eseguito ogni qualvolta vi sia un ragionevole sospetto di versamento pericardico. Il liquido pericardico appare sull'ecocardiogramma in M-mode come uno spazio privo di echi (fig.03x). Nei versamenti più estesi, tale spazio si estende anche anteriormente al ventricolo destro. L'ecocardiografia bidimensionale viene impiegata per eseguire una valutazione più precisa della quantità e della distribuzione del versamento pericardico, (fig.04x). Tale indagine permette anche di rilevare la presenza di aderenze fibrose o l'ispessimento del pericardio. Quando si esamina l'ecocardiogramma di un soggetto con versamento pericardico si deve anche valutare, determinando le dimensioni dell'ombra cardiaca, se l'apparente ingrossamento del cuore possa essere interamente spiegato con il versamento o se vi sia un ingrossamento sottostante del cuore stesso.

Dall'esame della cinetica delle pareti cardiache si può arguire se è associato uno scompenso cardiaco.

 

 

QUADRO RADIOLOGICO

 

Le alterazioni del quadro radiologico dipendono dalla quantità di liquido pericardico. Nelle forme fibrinose l'ombra cardiaca può essere del tutto normale, mentre in quelle con cospicuo versamento essa appare marcatamente ingrandita con un aspetto che è stato definito a fiasca, a tenda, a caraffa e che varia con la posizione del torace. Nei soggetti con versamenti cospicui gli angoli cardiodiaframmatici da acuti diventano ottusi (fig.05x). Talora si riscontra un concomitante quadro di pleurite o fugaci infiltrati polmonari. Assai utile si è dimostrata la visione diretta mediante radioscopia con intensificatore di brillanza: essa permette di osservare chiaramente la silhouette cardiaca ben pulsante circondata dal liquido pericardico ipomobile. Inoltre, mutando la posizione del paziente, si osserva la silhouette cardiaca che si sposta come se galleggiasse nel liquido pericardico.

Per ottenere ulteriori informazioni dall'indagine radiologica si può eseguire un pneumopericardio diagnostico (insufflando aria nel cavo pericardico dopo pericardiocentesi) (fig.06x). Con tale accorgimento è possibile evidenziare il profilo dell'epicardio, che si presenta assai irregolare in caso di infiltrazione neoplastica.

Anche la tomografia assiale computerizzata (TAC) del torace fornisce informazioni utili, in particolare nelle forme ad eziologia neoplastica.

Infine, tra le recenti tecniche diagnostiche di imaging, la risonanza magnetica nucleare (RMN) è l'unica che permette di visualizzare perfettamente i foglietti pericardici e di identificarne le alterazioni patologiche.

 

 

Cardiocompressione pericardica (tamponamento cardiaco)

 

Le tre condizioni che ostacolano il riempimento diastolico sono: la pericardite costrittiva, il tamponamento cardiaco e la cardiomiopatia restrittiva. L'impedimento al riempimento diastolico si manifesta con riduzione dei volumi ventricolari, aumento della pressione diastolica ventricolare e riduzione della distensibilità diastolica (compliance). Conseguentemente si riduce la portata cardiaca.

Sia nel tamponamento cardiaco sia nella pericardite costrittiva, il cuore è circondato o da un liquido pericardico (compressione) a pressione aumentata o da un guscio fibroso rigido (costrizione). Queste due condizioni cliniche agiscono sull'organo in toto ed impediscono al cuore di raggiungere le sue dimensioni diastoliche normali. La natura generalizzata della compressione equilibra le pressioni di riempimento sui due lati del cuore. Le pressioni diastoliche, ventricolare destra e ventricolare sinistra, sono uguali tra loro ed alle pressioni atriali. La compressione cardiaca raramente produce una ipertensione polmonare reattiva e quindi la pressione diastolica arteriosa polmonare rimane inalterata come la pressione di riempimento ventricolare sinistro.

Invece la pressione di riempimento del ventricolo destro, o pressione venosa centrale, deve aumentare per assicurare il riempimento e mantenere la circolazione. Non può essere formulata la diagnosi di costrizione pericardica significativa o di tamponamento, quando la pressione venosa centrale è normale. In entrambe le condizioni, pericardite costrittiva e tamponamento cardiaco, la portata cardiaca è diminuita ed il volume telediastolico ventricolare sinistro può scendere a valori tali (25-30 ml/m elevato alla seconda) che sono inferiori a quelli della normale gettata sistolica. Quando la gettata sistolica è bassa e fissa, l'organismo cerca di aumentare la portata cardiaca con una tachicardia compensatoria mediata dall'aumento del tono simpatico.

La portata cardiaca già insufficiente a riposo non può essere aumentata in modo adeguato durante l'attività.

 

Lo stesso quadro emodinamico costituito da aumentata pressione diastolica ventricolare, bassa portata cardiaca ed aumentate resistenze vascolari sistemiche è tipico anche dello scompenso cardiaco. Tuttavia in quest'ultimo l'aumentata pressione diastolica ventricolare è manifestazione di insufficienza sistolica o della con trattilità miocardica, mentre nella pericardite costrittiva e nel tamponamento cardiaco è prodotta dalla insufficiente distensione diastolica. Anche la ridotta portata cardiaca nelle compressioni pericardiche non riflette un'insufficienza della pompa sistolica ma una riduzione del precarico.

 

 

QUADRO CLINICO DEL TAMPONAMENTO CARDIACO

 

I tre fattori che determinano il grado di tamponamento pericardico sono: la quantità del liquido, la velocità con la quale il medesimo si accumula e l'elasticità del pericardio. Un modesto versamento che si accumula rapidamente in un sacco pericardico anelastico e rigido, produrrà un grave tamponamento. Al contrario, un versamento pericardico di 1 o 2 litri può accumularsi lentamente senza causare tamponamento, provocando la progressiva distensione del sacco pericardico (fig.03x).

Qualunque malattia che interessi il pericardio può causare un versamento pericardico ed il tamponamento può complicare qualsiasi versamento pericardico. Tuttavia le cause più frequenti sono poche. Il tamponamento acuto è in genere provocato da un trauma, che può essere iatrogenico o da rottura del cuore o dell'aorta. Il trauma può essere penetrante o contusivo. La rottura del cuore complica un infarto miocardico acuto e la rottura dell'aorta può complicare l'aneurisma o l'ematoma dissecante dell'aorta stessa. Le lesioni iatrogeniche comprendono: la perforazione delle pareti cardiache durante cateterismo cardiaco o durante l'impianto di un pacemaker, le lacerazioni cardiache che possono verificarsi durante i tentativi di pericardiocentesi e la contusione durante le manovre di resuscitazione.

Il tamponamento cardiaco subacuto si può verificare in molte condizioni tra le quali le più frequenti sono: la pericardite idiopatica o virale, le pericarditi neoplastiche e la malattia pericardica durante la dialisi.

Il paziente con tamponamento pericardico in genere lamenta i sintomi attribuibili ad una ridotta portata cardiaca: dispnea, stanchezza, vertigini ed anche sincopi. Egli può avvertire un dolore retrosternale o senso di pesantezza dietro lo sterno, talora alleviato mediante la flessione in avanti del busto. A volte, nei versamenti di lunga durata, può comparire un dolore retrosternale da sforzo che simula l'angina pectoris. Qualche volta compaiono edemi alle gambe e versamenti all'addome. Invece la dispnea parossistica notturna e l'ortopnea sono sintomi rari perché in genere non si verifica una congestione vascolare polmonare. Infine, il paziente con versamento pericardico molto abbondante può presentare tosse, disfagia, raucedine o singhiozzo, tutti sintomi attribuibili all'interessamento delle strutture intratoraciche adiacenti, esofago, nervo vago o nervo ricorrente laringeo.

All'esame fisico, il paziente con tamponamento pericardico risulta essere spesso ansioso, irrequieto e pallido. Egli in genere preferisce stare seduto ed anche piegato leggermente in avanti. Il polso periferico è rapido e spesso piccolo, filiforme.

La pressione arteriosa sistemica è normale o diminuita e, durante l'inspirazione, cade in modo significativo (superiore a 20 mmHg) e costituisce il cosiddetto polso paradosso. Questa marcata caduta della pressione sistemica durante l'inspirazione non è specifica per il tamponamento cardiaco; tale fenomeno può verificarsi in soggetti con: grave scompenso cardiaco congestizio, malattia cronica ostruttiva polmonare, ipovolemia, embolia polmonare acuta, shock, miocardiopatia restrittiva, infarto del ventricolo destro.

La gravità del polso paradosso può essere riconosciuta dalla scomparsa del polso all'apice dell'inspirazione. Nella forma meno grave (o subacuta), il polso è ancora palpabile, anche se ridotto di ampiezza, durante l'inspirazione.

Il polso può essere assente in caso di shock o è difficile da valutare durante la tachipnea o in presenza di fibrillazione atriale o di numerose extrasistoli.

La pressione venosa giugulare è elevata e ciò si può rilevare al letto del paziente osservando il turgore giugulare del soggetto in decubito semiortopnoico a 45 gradi. Le vene del collo sono distese e il loro turgore aumenta durante l'inspirazione. La discesa durante la sistole ventricolare del polso venoso giugulare viene riconosciuta come una pulsazione negativa del polso venoso giugulare interno che coincide con il polso carotideo. Tali anormalità con associate le pressioni diastoliche uguali sui due lati del cuore ed i ridotti volumi ventricolari, possono essere dimostrate mediante il cateterismo cardiaco.

L'esame del cuore rivela: toni cardiaci quieti, lontani, deboli, ingrandimento dell'ottusità cardiaca, talvolta presenza di sfregamenti pericardici, tachicardia anche quando il paziente è in riposo.

 

 

ELETTROCARDIOGRAMMA

 

L'elettrocardiogramma può evidenziare una riduzione di voltaggio del QRS in tutte le derivazioni ed anormalità non specifiche del tratto ST e dell'onda T. Nei casi più gravi l'elettrocardiogramma mostra l'alternanza elettrica: sequenza di complessi di QRS, ampi e piccoli in modo alternante regolare (fig.07x). In alcuni casi si osserva, in associazione, una alternanza meccanica: sequenza di polsi periferici alternativamente ampi e piccoli ed, assai più raramente, alternanza di toni cardiaci.

 

 

L'ECOCARDIOGRAMMA NEL TAMPONAMENTO CARDIACO

 

La diagnosi di tamponamento cardiaco è raramente sicura senza una dimostrazione ecocardiografica di versamento pericardico. Solo in circostanze eccezionali si dovrebbe tentare il drenaggio pericardico senza aver ottenuto prima la documentazione ecocardiografica della presenza di un versamento che confermi un tamponamento. Nell'ecocardiogramma bidimensionale è di valore diagnostico una compressione dell'atrio destro e il collasso diastolico del ventricolo destro (fig.08x). Segni meno specifici di tamponamento sono: l'esagerata variazione respiratoria delle dimensioni ventricolari e della pendenza F di chiusura mitralica e la presenza di uno pseudoprolasso della valvola mitralica. Più specifica ma meno frequente è l'oscillazione del cuore nel liquido pericardico. Questo fenomeno che può essere anche riconosciuto nell'eco M-mode, è drammaticamente dimostrato con l'ecocardiografia bidimensionale ed è spesso associato con l'alternanza elettrica nell'elettrocardiogramma.

 

 

Trattamento del tamponamento cardiaco

 

Poiché il tamponamento pericardico, da qualunque causa abbia origine, costituisce un pericolo per la vita, deve essere trattato rapidamente e con efficacia. Tale trattamento è attuato con la pericardiocentesi mediante aspirazione del liquido con ago o con il drenaggio pericardico mediante una finestra epicardica creata attraverso una piccola incisione sotto xifoidea. Il paziente dovrebbe essere anche trattato con abbondanti infusioni di soluzione fisiologica nel tentativo di aumentare la pressione di riempimento cardiaco e quindi di aumentare la portata cardiaca. Le ammine pressorie per il trattamento dell'ipotensione arteriosa sono di valore scarso o nullo. Quando il tamponamento è stato risolto, il decorso e la prognosi dipendono dalla causa del versamento pericardico, la quale deve essere identificata e trattata in modo appropriato.

 

 

 

Pericardite costrittiva

 

La pericardite costrittiva può essere lo stadio finale di parecchi processi che hanno coinvolto il sacco pericardico.

1)Una pericardite acuta virale può eventualmente sfociare in fibrosi cicatriziale e costrizione del pericardio, ma tale evento è piuttosto raro.

2)La pericardite tubercolare può determinare una costrizione pericardica. Nell'era pre-antibiotica, la tubercolosi era di gran lunga la causa più comune della costrizione pericardica, come avviene ancora frequentemente nelle aree sottosviluppate del mondo.

3)Il coinvolgimento pericardico da parte delle malattie del connettivo (ad esempio: artrite reumatoide, lupus eritematoso sistemico e sclerodermia), può eventualmente determinare una costrizione.

4)I pazienti con pericardite uremica sviluppano una costrizione.

5)Una costrizione del pericardio può derivare dalla irradiazione del cuore o dal coinvolgimento di un tumore maligno, assai spesso di origine polmonare o mammaria.

6)La pericardite costrittiva è stata anche descritta nei mesi od anni che seguono un intervento chirurgico. Infine poichè in molti pazienti la costrizione pericardica non ha una eziologia riconoscibile, la stessa viene definita "idiopatica".

 

 

QUADRO CLINICO

 

Il paziente con pericardite costrittiva spesso lamenta la comparsa insidiosa e progressiva del rigonfiamento addominale dovuto all'ascite e di edema periferico. Può anche avvertire stanchezza o dispnea, entrambe derivate dalla diminuita portata cardiaca. I sintomi della congestione venosa polmonare, come ortopnea e dispnea parossistica notturna, sono rari. Le vertigini, o in alcune occasioni le sincopi, sono rare e possono verificarsi solo occasionalmente. Il paziente può avere un dolore toracico vago, non specifico.

All'esame fisico, i polsi periferici sono in genere normali. La pressione arteriosa sistemica può essere normale o può dimostrare una riduzione della pressione differenziale inferiore a 30 mmHg e la pressione sistolica può diminuire marcatamente durante l'inspirazione (polso paradosso). Le vene giugulari sono distese, con discese X ed Y molto evidenti e la pressione venosa giugulare aumenta durante l'inspirazione (segno di Kussmaul). Il fegato in genere è ingrossato ed il versamento ascitico abbondante.

L'esame del cuore rivela che il primo ed il secondo tono sono quieti ed è presente un forte tono diastolico, il cosiddetto tono pericardico, che cade da 0,10 a 0,12 secondi dopo il secondo tono.

L'esame radiologico del paziente con pericardite costrittiva mostra, in genere, un cuore di volume normale, ma può essere presente anche un ingrossamento della silhouette cardiaca dovuto ad ispessimento pericardico e versamento contemporaneo.

In alcuni soggetti sono presenti estese calcificazioni pericardiche che indicano, solitamente, una eziologia tubercolare. Le pulsazioni cardiache all'esame radioscopico risultano essere molto diminuite od assenti. I campi polmonari sono chiari.

L'elettrocardiogramma mostra un voltaggio che può essere diminuito in tutte le derivazioni ed alterazioni non specifiche della ripolarizzazione. Benchè molti pazienti siano in ritmo sinusale, possono essere presenti extrasistoli atriali ed in alcuni casi si sviluppa la fibrillazione atriale.

All'ecocardiogramma M-mode, il pericardio può apparire ispessito e calcificato.

Al cateterismo cardiaco, le pressioni sinistre e destre risultano essere elevate e molto simili tra loro. La pressione atriale destra dimostra una discesa X ed una discesa Y molto pronunciate. Le curve ventricolari destre e sinistre sono caratterizzate da un rapido e precoce dip diastolico seguito da un plateau diastolico elevato e costante che rappresenta una pressione telediastolica elevata (segno della radice quadrata). Questo segno può essere abolito o meno evidente in presenza di tachicardia. La pressione arteriosa sistolica polmonare è elevata solo di poco (35-40 mmHg). L'indice cardiaco è diminuito ed il volume telediastolico ventricolare sinistro è piccolo.

 

 

DIAGNOSI DIFFERENZIALE

 

Benché sia molto difficile o spesso impossibile distinguere la pericardite costrittiva dalla cardiomiopatia restrittiva, alcune informazioni possono essere utili per formulare la diagnosi differenziale.

Nel paziente con pericardite costrittiva, le variazioni respiratorie della pressione atriale destra, sono, in genere, assenti, mentre possono essere presenti nel soggetto con cardiomiopatia restrittiva. La pressione arteriosa sistolica polmonare è quasi sempre inferiore ai 50 mmHg nel paziente con costrizione, mentre spesso è superiore a 50 mmHg in quello con miocardiopatia restrittiva. Ugualmente, la pressione capillare polmonare è spesso al di sotto di 18 mmHg nella pericardite costrittiva, mentre è al di sopra di tale valore nella cardiomiopatia restrittiva. Infine, il paziente con costrizione pericardica, in genere presenta un equilibrio delle pressioni di riempimento intracardiaco, mentre quello con cardiomiopatia restrittiva spesso ha pressioni più elevate nel ventricolo sinistro e nell'atrio sinistro che nelle camere di destra. Purtroppo, anche conoscendo tutti questi elementi, è spesso impossibile distinguere una pericardite costrittiva dalla cardiomiopatia restrittiva ed allora un'esplorazione chirurgica del pericardio può essere indicata come procedura sia diagnostica sia terapeutica.

 

 

Trattamento della pericardite costrittiva

 

Il soggetto con pericardite costrittiva dovrebbe essere sottoposto a pericardiectomia e la causa che ha prodotto la costrizione dovrebbe essere identificata e trattata in modo appropriato.

Se è stata identificata l'eziologia tubercolare, il paziente dovrebbe ricevere la chemioterapia antitubercolare per circa tre settimane prima dell'intervento. Dopo l'operazione, la chemioterapia deve essere continuata per un anno. In aggiunta, i farmaci corticosteroidei possono essere efficaci nel trattamento dei pazienti con pericardite tubercolare, per diminuire l'entità della reazione infiammatoria.

 

 

 

P. Rossi

Primario Divisione di Cardiologia

Ospedale Maggiore, Novara

 

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