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BREVE CORSO DI PNEUMOLOGIA

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GLI ANTINFIAMMATORI NEL TRATTAMENTO DELL’ASMA E DELLA BPCO

P.L.Paggiaro

Dipartimento Cardio-Toracico, Sezione di Pneumologia – Università di Pisa

 

L’asma e la BPCO sono ritenute affezioni croniche delle vie aeree che clinicamente si manifestano con ostruzione bronchiale, più o meno reversibile, e che sono sostenute da un processo infiammatorio delle vie aeree e del parenchima polmonare, come risposta a vari stimoli ambientali in soggetti predisposti. E’ stato da tempo dimostrato che il tipo e la sede del processo infiammatorio è differente nell’asma e nella BPCO, anche quando le malattie hanno determinato un simile e persistente grado di ostruzione bronchiale (Fabbri et al, AJRCCM 2002). Inoltre le conseguenze dell’infiammazione bronchiale sono diverse nelle due malattie, con conseguente iperreattività bronchiale nell’asma, ed ostruzione bronchiale cronica e danno parenchimale nella BPCO. Pertanto l’indicazione ed il tipo di trattamento antinfiammatorio sono differenti nell’asma e nella BPCO.

Nell’asma, il tipo di infiammazione presente nelle vie aeree, con particolare coinvolgimento del linfociti CD4+, degli eosinofili e dei mastociti, è sensibile al trattamento corticosteroideo. Numerosi studi hanno dimostrato l’efficacia dei corticosteroidi inalatori nel controllare i sintomi, migliorare la funzione polmonare e l’iperreattività bronchiale, e nel modificare l’infiammazione bronchiale e le sue conseguenze, come il rimodellamento. Per questo motivo i corticosteroidi inalatori rappresentano i farmaci di prima scelta nell’asma e sono indicati in tutti i livelli di gravità dell’asma, quando si ritenga necessario un trattamento regolare (GINA, 2002). Le modalità d’azione di questi farmaci nell’asma sono molteplici, agendo su vari aspetti del processo fisiopatologico della malattia. Il tipo di trattamento farmacologico ed i dosaggi dei vari farmaci devono essere proporzionati alla gravità dell’asma, e devono adattarsi alle variazioni spontanee della malattia. Nell’asma lieve intermittente non è attualmente raccomandato un trattamento regolare; tuttavia studi molto recenti a lungo termine hanno dimostrato che anche in questi pazienti con asma molto lieve, un tempestivo e prolungato trattamento con basse dosi di corticosteroidi inalatori può determinare l’assenza di alterazioni stabili e persistenti dopo 5 anni di malattia (Pauwels et al, Lancet 2003). Nell’asma lieve persistente, è in genere sufficiente una monoterapia con dosi basse di corticosteroidi inalatori (< 500 mcg di beclometasone dipropionato o equivalenti), talora anche in monosomministrazione giornaliera. Recenti studi dimostrano che, specialmente in fase di ”step-down” in pazienti già stabili, anche dosi molto basse di corticosteroidi inalatori sono efficaci (Giannini et al, Respir Med 2003). Un’opzione può essere rappresentata dall’uso in monoterapia degli antagonisti recettoriali dei leucotrieni sulfidopeptidici, ma gli studi comparativi hanno mostrato una sensibile anche se lieve maggiore efficacia dei corticosteroidi inalatori. Nell’asma moderato persistente, è opportuno aumentare la dose di corticosteroidi inalatori fino a 1000 mcg di beclometasone dipropionato o equivalenti, ed aggiungere un altro farmaco per uso regolare. L’opzione migliore è rappresentata dall’associazione tra corticosteroidi inalatori e beta2-agonisti inalatori a lunga durata d’azione, come vari studi hanno dimostrato (Greening et al, Lancet 1994; Pauwels et al, NEJM 1998). L’efficacia di questa combinazione ha presupposti fisiopatologici e biologici molto forti, e la possibilità di usare un unico inalatore contenente i due farmaci migliora la compliance del paziente e quindi l’efficacia della terapia. La seconda opzione è rappresentata dall’associazione tra corticosteroidi inalatori e antileucotrieni. Anche se studi di confronto tra le due diverse opzioni hanno mostrato una maggiore efficacia della combinazione corticosteroidi inalatori-beta2agonisti a lunga durata d’azione, specialmente sui sintomi e sulla funzione polmonare, altri studi ne hanno mostrato l’equivalenza su altri parametri di controllo dell’asma, come la frequenza delle riacutizzazioni o la qualità della vita (studio IMPACT, in corso di stampa). Nell’asma grave persistente, le dosi di corticosteroidi inalatori possono essere aumentate fino ad un massimo di 2000 mcg di beclometasone dipropionato o equivalenti, con l’aggiunta di tutto quello che è necessario per tenere sotto controllo la malattia (nell’ordine: beta2agonisti a lunga durata d’azione, antileucotrieni, teofillina, antivagali); in caso di in completo successo, si può ricorrere a brevi cicli o anche a terapia prolungata con corticosteroidi per via orale. Terapie alternative sono prossime all’uscita sul mercato italiano (anticorpi monoclonali umanizzati anti-IgE), oppure devono essere attentamente considerate solo in casi particolari (metotrexate, ciclosporina, etc).

            Nella BPCO l’efficacia dei corticosteroidi è stata a lungo discussa. Mentre recenti studi hanno dimostrato che un breve corso di steroidi orali, in aggiunta ai broncodilatatori, determina un più rapido recupero e un minor numero di complicanze nel corso di una riacutizzazione di BPCO (Wood-Baker et al, Cochrane Database Syst Rev 2001), l’efficacia dei corticosteroidi inalatori a lungo termine è stata a lungo messa in discussione. Gli studi a lungo termine sia in pazienti con BPCO moderato-lieve (Vestbo et al, Lancet 1999; Pauwels et al, NEJM 1999) o in pazienti con BPCO moderato-grave (Burge et al, BMJ 2000; The Lung Health Research Study Group, NEJM 2000) non hanno mostrato un effetto sul declino nel tempo della funzione respiratoria. Tuttavia altri studi hanno dimostrato che i corticosteroidi inalatori erano in grado di ridurre il numero e la gravità delle riacutizzazioni di BPCO (Paggiaro et al, Lancet 1998; Jones et al, ERJ 2003). I corticosteroidi inalatori rallentano inoltre il declino progressivo della qualità della vita e riducono la mortalità dopo una riacutizzazione di BPCO (Sin et al, AJRCCM 2000). Tuttavia non è stato dimostrato il meccanismo con cui i corticosteroidi sono attivi nella BPCO: mentre il tipo di processo infiammatorio bronchiale della BPCO sembra poco sensibile ai corticosteroidi, lo stress ossidativo (ben documentato nella BPCO e specialmente nelle riacutizzazioni della malattia) potrebbe risentire positivamente di questo tipo di trattamento. Per questi motivi i corticosteroidi inalatori, a differenza dell’asma, sono indicati sono nei pazienti con BPCO moderato-grave e con frequenti riacutizzazioni, specialmente in associazione con i broncodilatatori a lunga durata d’azione (Calverly et al, Lancet 2003; Szafranski et al, ERJ 2003). Gli effetti di altri antinfiammatori nella BPCO sono poco dimostrati.

            In conclusione, i corticosteroidi inalatori hanno un ruolo nel trattamento sia dell’asma che della BPCO, ma le motivazioni, le priorità e le caratteristiche dei pazienti in cui tali farmaci sono indicati sono profondamente differenti nelle due malattie. Ciò conferma le indubbie differenze nei meccanismi fisiopatologici dell’asma e della BPCO.

 


 

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